Un discorso visionario di Steve Jobs del 1983 anticipa il mondo tecnologico di oggi: il video inedito sullo Steve Jobs Archive

Lo Steve Jobs Archive ha pubblicato un’inedito filmato di Steve Jobs risalente al 1983, registrato durante un discorso all’International Design Conference di Aspen, in Colorado. L’allora ventottenne co-fondatore di Apple esplora, nel suo discorso, il futuro dell’informatica, della tecnologia e i potenziali impatti sulla vita quotidiana.

Steve Jobs Archive è stato lanciato nel 2022 da Laurene Powell Jobs, Tim Cook e Jony Ive. La piattaforma offre una vasta raccolta di materiali relativi a Jobs, tra cui citazioni, fotografie, video ed e-mail, oltre a borse di studio per giovani creativi ispirati dal suo esempio.

Il nuovo video, intitolato “The Objects of Our Life”, è accompagnato da un’introduzione di Jony Ive, storico capo del design di Apple e per molti anni amico personale di Jobs. Ive sottolinea la straordinaria capacità di Jobs di prevedere i cambiamenti rivoluzionari che l’accessibilità diffusa dei computer avrebbe portato.

Durante il discorso Jobs ha, in più occasioni, fatto riferimenti e descritto ciò che Apple stava realizzando in quel preciso momento storico. Qui sotto invece vi proponiamo alcuni passaggi del discorso, riportati senza necessariamente alcuna intenzione di consequenzialità, in cui le parole di Jobs sono rivolte in maniera più generica sul futuro della tecnologia, e su una visione del mondo che in qualche modo si è concretizzata. Mentre li leggete ricordate che risalgono tutti al 1983, ovvero ben 41 anni fa: divertitevi a trovare le conferme di quelle visioni nel mondo di oggi, e se le previsioni temporali siano state effettivamente azzeccate dal co-fondatore di quella che oggi è una tra le aziende di maggior valore al mondo.

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Cos’è un computer? E’ molto semplice. E’ solo una macchina semplice, ma è un nuovo tipo di macchina. Gli ingranaggi e i pistoni sono stati sostituiti dagli elettroni. Quanti di voi ne hanno mai visto uno? E’ questo il problema con i computer: non puoi mettere le mani sugli elementi reali che si muovono. Non li puoi vedere. E quindi tendono ad essere intimidatori, poiché in uno spazio molto piccolo ci sono miliardi di elettroni in movimento, e non possiamo davvero capire esattamente come sono. […] I computer sono davvero stupidi. Sono eccezionalmente semplici, ma sono molto veloci. Le istruzioni grezze che dobbiamo dare a questi piccoli microprocessori o a questi giganteschi supercomputer Cray-1 sono davvero le più banali possibili: prendi dei dati da qui, prendi un numero da qui, recupera un numero, somma due numeri insieme, verifica se è maggiore di zero, vai a metterlo lì. E’ davvero la cosa più banale che si possa mai immaginare. […] Ma questi numeri può andare a prenderli e sommarli insieme e lanciarli qua e là alla velocità di circa un milione di istruzioni al secondo. […] Quest’anno, nel 1983, il settore venderà oltre tre milioni di personal computer. Entro il 1986 in questo paese venderemo più computer che automobili. […] Le persone trascorreranno due, tre ore al giorno a interagire con queste macchine, più a lungo di quanto trascorrano in auto. E quindi il design industriale, il design del software e il modo in cui le persone interagiscono con queste cose devono certamente essere presi in considerazione con la stessa importanza che diamo oggi alle automobili, se non di più.

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Il personal computer è un nuovo mezzo di comunicazione. Un libro è un mezzo, il telefono, la radio, la televisione sono mezzi di comunicazione. E ogni mezzo ha delle insidie, ha delle lacune, ha dei limiti che non sono superabili, ma in genere ha anche nuove opportunità uniche. La cosa interessante è che ogni mezzo modella non solo la comunicazione che veicola, ma modella anche il processo di comunicazione. Se confrontiamo il telefono con ciò che vediamo ora nella posta elettronica, dove colleghiamo insieme un gruppo di computer e possiamo inviare messaggi ad una casella di posta elettronica, messaggi che le persone possono ricevere a loro piacimento, vediamo che in effetti da una parte stiamo inviando voce attraverso questi fili, e dall’altra parte stiamo inviando zero e uno attraverso questi fili. Il contenuto che viaggia attraverso i fili è sicuramente diverso. Ma la cosa più interessante è la differenza nel processo di comunicazione. Quando parlo al telefono con qualcuno dobbiamo essere entrambi al telefono contemporaneamente. Se voglio inviare qualcosa a qualcuno con la posta elettronica, non è necessario che il destinatario sia lì. Può recuperare il messaggio a mezzanotte o al mattino o tre giorni dopo. Possono essere a New York e recuperarlo. Un giorno avremo computer portatili con collegamenti radio, e le persone potranno passeggiare per Aspen e recuperare i loro messaggi di posta elettronica. E così il processo di comunicazione stesso cambia man mano che i media si evolvono. […] Quel che succede quando entra in scena un nuovo mezzo di comunicazione è che si tende a ricadere nelle vecchie abitudini dei mezzi precedenti: diamo un’occhiata ad alcune delle transizioni da un mazzo all’altro, dalla radio alla TV e dalla TV a questo incredibile nuovo mezzo interattivo del videodisco (in quegli anni era fervente l’attività di sviluppo di diversi supporti in grado di contenere contenuti video, che negli anni successivi hanno portato a CD-ROM, DVD e, più recentemente, al defunto HD-DVD e al Blu-Ray – ndr). Se si torna indietro e si guardano i primi programmi televisivi, sono fondamentalmente programmi radiofonici con una telecamera puntata sullo speaker. C’è voluta una buona parte degli anni cinquanta per capire davvero come rendere la televisione un mezzo autonomo. E credo che la prima volta in cui le persone abbiano realizzato che la televisione era diventata “maggiorenne” sia stato il funerale di JFK: la nazione e gran parte del mondo ha vissuto quell’evento nel proprio soggiorno ad un livello di intensità che con la radio non sarebbe stato possibile. Adesso abbiamo questo videodisco ottico, che può memorizzare 55 mila immagini su ciascun lato, o un’ora di video, e accessibili in maniera casuale. Per cosa lo usiamo? Per i film: ancora stiamo tornando alle vecchie abitudini. Ci sono però alcuni esperimenti interessanti, e fra cinque o dieci anni tutto ciò avrà una certa rilevanza. Uno di questi esperimenti è stato condotto proprio qui ad Aspen. Il MIT circa quattro anni fa è venuto qui con un camion e una telecamera. Hanno percorso ogni singola strada, fotografando ogni singolo incrocio e via, hanno fotografato tutti gli edifici, e hanno questo computer e questo videodisco collegati insieme. E sullo schermo si può percorrere ogni strada, ci sono delle frecce e si può andare avanti e indietro, e se si arriva ad un incrocio si può andare in qualsiasi direzione. Si può persino entrare in alcuni negozi, è una mappa elettronica che ti dà la sensazione di camminare per Aspen[…] Non è incredibilmente utile, ma testimonia una parte della natura interattiva di questo nuovo mezzo, che sta andando oltre i film e avrà bisogno ancora di cinque o dieci anni per evolversi”.

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I programmi per computer non hanno alcuna manifestazione fisica. Sono semplicemente idee espresse su carta. I programmi per computer sono archetipici. […] La programmazione informatica cattura i principi di base di un’esperienza, non l’esperienza in sè. E quei principi possono abilitare migliaia di esprienze diverse che seguono tutte quelle leggi. L’esempio perfetto è il videogioco: che cosa fa un videogioco? Segue le leggi della gravità, del movimento angolare. C’è questo piccolo stupido gioco di nome Pong, dove la pallina segue sempre queste leggi, però non esistono due partite di Pong uguali, anche se ogni singola partita segue questi principi di base. […] Esiste un programma chiamato Hammurabi, dove per dieci anni sei il re Hammurabi dell’antico regno di Sumeria, ci giocano bambini di sette anni. […] Ci sono bambini di sette anni che giocano con questo modello macroeconomico […] stanno seduti per ore a giocare ed imparare. E dobbiamo migliorare sempre di più i nostri modelli e renderli più sofisticati, ma questo è un modo interattivo di imparare di cui nessuno di noi ha mai potuto fare esperienza quando stavamo crescendo.

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Quando andavo a scuola avevo alcuni insegnanti eccellenti e molti insegnanti mediocri. La cosa che probabilmente mi ha tenuto fuori di prigione erano i libri, perché potevo andare a leggere ciò che ha scritto Aristotele o Platone. e non avevo bisogno di un intermediario: il libro andava dritto dalla fonte alla destinazione senza niente nel mezzo. Il problema era che non si poteva fare una domanda ad Aristotele. Se guardiamo i prossimi 50 o 100 anni, se riusciamo davvero ad inventare queste macchine che possono catturare uno spirito o un insieme di principi, o un modo di guardare il mondo, allora quando arriverà il prossimo Aristotele e si porterà dietro una di queste macchine per tutta la sua vita, e scriverà i suoi pensieri, allora forse un giorno, dopo che quella persona se ne sarà andata, potremo chiedere a questa macchina: “Ehi, cosa avrebbe detto Aristotele?” Forse non otterremo la risposta giusta, o forse sì. Questo per me è veramente emozionante, ed è uno dei motivi per cui faccio quello che faccio.

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L’unica installazione che si distingue è quella che Xerox ha fatto al Palo Alto Research Center. Hanno collegato circa 100 computer insieme su ciò che viene chiamato rete locale, che è solo un cavo che trasporta informazioni avanti e indietro. E’ successa una cosa interessante, è stata creata una lista di distribuzione per inviare un promemoria a tutte le persone del gruppo. E quindi sono stati scritti promemoria sulle previsioni per novembre, o su un nuovo prodotto, o su qualsiasi cosa si stava lavorando, e inviato a tutte le persone. Ma poi è successo qualcos’altro. C’erano 20 persone interessate alla pallavolo, ed è stata creata una lista di distribuzione per la pallavolo. E quando la partita della settimana successiva veniva riprogrammata, veniva inviato un promemoria veloce alla lista di distribuzione della pallavolo. Poi c’era una lista di cucina cinese, e in poco tempo c’erano più liste che persone. E’ un fenomeno molto interessante, perché penso sia esattamente quello che succederà quando inizieremo a collegare insieme queste cose, facilitando la comunicazione e l’unione delle persone e dei loro interessi. Siamo a circa cinque anni dalla risoluzione reale dei problemi di collegamento di questi computer negli uffici, e ci vorranno dai dieci ai quindici anni per risolvere i problemi di collegamento in casa.

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“Più della metà del prodotto nazionale lordo è contribuito da aziende e persone che già oggi sono nel settore dell’informazione. La maggior parte delle persone che sono state licenziate dalla General Motors non tornerà mai più a lavorare alla General Motors. E a meno che non vengano riqualificati e addestrati con nuove competenze, metteranno a ferro e fuoco le città. E questo è uno dei più grandi problemi che ci troviamo ad affrontare in questo momento. E’ davvero facile parlare di alta tecnologia ma è davvero difficile prendere questi ragazzi che per 15 anni hanno montato paraurti e insegnar loro a riparare i computer. Sarà davvero dura e non stiamo prestando abbastanza attenzione al problema in questo momento. Ma siamo già nell’era dell’informazione. La maggior parte di noi manipola le informazioni per vivere”. (il termine “informazione” va inteso nel senso più ampio possibile – ndr).

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Confrontiamo i software con i dischi. La maggior parte delle persone che entra in un negozio di dischi sa esattamente quale disco vuole comprare. Lo sanno perché c’è il fenomeno delle stazioni radio, prendiamo lì le nostre decisioni prima di andare nel negozio di dischi. Abbiamo bisogno di una “stazione radio software” per sapere quali software vogliamo comprare. Il software è informazione. E’ un mucchio di uno e zero che codifichiamo magneticamente su un pezzo di Mylar. Lo prendiamo e lo mettiamo in una confezione con un manuale, questa scatola viene messa su un camion e spedita ad un rivenditore, che la mette sullo scaffale del suo negozio. Resta lì per un po’, costandogli soldi. Un cliente entra, esamina queste scatole e ne sceglie una, la porta a casa e inserisce il disco nel suo computer che traduce gli zero e uno in impulsi elettrici. E’ un percorso piuttosto lungo. In futuro andremo a trasmettere questa roba elettronicamente sulle linee telefoniche […] e quando vorrai acquistare un software i computer parleranno tra loro al telefono e scambieranno gli zero e gli uno. E una volta fatto questo forse sarà possibile dire “Ecco 30 secondi gratis per questo programma” oppure “Ecco cinque screenshot” oppure ancora “Puoi giocare con questo videogioco per un giorno”, e se vorrai acquistarlo dopo averlo provato basterà inserire il numero di carta di credito.

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Per il riconoscimento vocale ci vorrà la maggior parte di un decennio. Ora possiamo fare un riconoscimento vocale giocattolo. Il problema è che non si tratta solo di riconoscere la voce: quando si parla con qualcuno, comprendere il linguaggio è molto più difficile che capire la voce. Possiamo distinguere le parole, ma cosa significano nel loro insieme? E la maggior parte del linguaggio è preponderantemente guidata dal contesto. In altri termini: una parola significa qualcosa in questo contesto, ma qualcosa di completamente diverso in un altro contesto. E quando si parla con qualcuno, si interagisce, non è una comunicazione unidirezionale, è un’interazione con grazia. Si entra e si esce con disinvoltura da vari livelli di dettaglio. Ragazzi, questa è roba difficile. Ci vorrà davvero la maggior parte di un decennio prima di riuscire anche solo ad avvicinarsi a tutto ciò”