La Sirenetta: il Rinascimento dei live action Disney prende vita dal mare. Recensione

Il prossimo 24 maggio arriverà sul grande schermo il nuovo live action firmato Disney, La Sirenetta, un remake del 28° Classico Disney del 1989. Un film che parte un po’ svantaggiato (o forse avvantaggiato) per una serie di polemiche giunte alla presentazione del cast che ha visto in primis l’assegnazione ad Halle Bailey del ruolo di protagonista con Ariel. Una donna afroamericana che per molti non avrebbe consentito di garantire la somiglianza con il corrispettivo personaggio del cartone animato del Classico Disney del 1989. Polemiche che fanno sempre un po’ da contorno quando si cerca di riproporre in chiave moderna quello che è stato uno dei grandi Classici Disney e che in qualche modo lasciano anche il tempo che trovano.

Sì, perché siamo stati all’anteprima de La Sirenetta e possiamo dirvi che le chiacchiere stanno a zero perché il nuovo live action farà presa nei cuori di chi ama i grandi Classici Disney ma anche a chi ha amato negli anni la storia ”romantica” tra Ariel e il Principe Eric. Siamo di fronte ad un remake importante affidato al visionario filmmaker Rob Marshall, il quale ha trovato forse il giusto equilibrio nel riprorre, in chiave live action, quella che è una storia intima ambientata su di uno sfondo epico e che comprende il bellissimo e sensazionale mondo fotorealistico che si trova in fondo al mare.

Un progetto molto ambizioso, un po’ come tutti i live action che Disney sta affrontando, ma che garantisce allo spettatore 135 minuti di musical intepretato da un cast stellare con attori di talento e con la volontà, ancora una volta nel 2023, di immergersi ”in fondo al mar”.

La Sirenetta: una fiaba senza tempo

In mezzo al mare l’acqua è azzurra come i petali dei più bei fiordalisi e trasparente come il cristallo più puro; ma è molto profonda, così profonda che un’anfora non potrebbe raggiungere il fondo; bisognerebbe mettere molti campanili, uno sull’altro, per arrivare dal fondo fino alla superficie. Laggiù abitano le genti del mare. Non si deve credere che ci sia solo sabbia bianca, no! Crescono alberi stranissimi, e piante con gli steli e i petali così sottili che si muovono al minimo movimento dell’acqua, come fossero esseri viventi. Tutti i pesci, grandi e piccoli, nuotano tra i rami, proprio come fanno gli uccelli nell’aria. Nel punto più profondo si trova il castello del re del mare. Le mura sono di corallo e le alte finestre a arco sono fatte con ambra chiarissima, il tetto è formato da conchiglie che si aprono e si chiudono secondo il movimento dell’acqua; sono proprio belle, perché contengono perle meravigliose; una sola di quelle basterebbe alla corona di una regina.

Inzia così la fiaba di Hans Christian Andersen pubblicata nel lontano 1837 nella raccolta Fiabe raccontate ai bambini. Prima raccolta. Terzo tomo. Lo scrittore nacque in una condizione di povertà estrema e in un contesto familiare difficile. Il non riuscire ad ambientarsi e il sentirsi costantemente fuori posto sono temi ricorrenti nelle sue fiabe, i cui protagonisti sono perennemente insoddisfatti, diversi dalle persone che li circondano e senza un vero posto di appartenenza. E anche la Sirenetta viene caratterizzata da questa ala di insoddisfazione e vorrebbe diventare umana per ottenere un’anima immortale.

Il celeberrimo 28° Classico Disney La Sirenetta, prodotto dalla Walt Disney Feature Animation e diretto da Ron Clements, uscì nelle sale americane nel 1989. Per l’aspetto fisico della giovane protagonista, gli animatori si ispirarono ad Alyssa Milano mentre per rendere in modo realistico l’effetto dei capelli sott’acqua furono visionate le riprese dei capelli dell’astronauta statunitense Sally Ride. Il lungometraggio vinse ben due Oscar, uno per la Miglior Colonna Sonora ad Alan Menken e uno per la Miglior CanzoneIn fondo al mar (Under the Sea).

La storia de La Sirenetta la conosciamo molto bene. È ambientata negli anni Trenta del 1800 su un’isola fittizia dei Caraibi e nelle acque circostanti. Ariel (Halle Bailey) è una vivace sirena di 18 anni con una bellissima voce e in cerca di avventura. È la figlia minore di Re Tritone (Javier Bardem), che governa gli oceani dal suo regno sottomarino, e la più ribelle tra le sue figlie dei Sette Mari. Frustrata dai limiti della sua vita, Ariel è affascinata dal mondo in superficie, che però è abitato dagli umani, con cui il popolo del mare non può interagire su ordine di Tritone.

Ariel trascorre il suo tempo con il suo amico acquatico Flounder a collezionare oggetti del mondo degli umani disseminati sul fondale oceanico, che poi conserva nella sua grotta segreta. Ma un giorno, ignorando le regole di suo padre – e le suppliche di Flounder e Sebastian (la voce italiana è di Mahmood), un crostaceo e maggiordomo del Re – non può fare a meno di nuotare in superficie: scopre un maestoso vascello mercantile comandato dall’avventuroso Principe Eric (Jonah Hauer-King), che lei salva dopo che la nave viene distrutta durante una tempesta.

Dopo aver scoperto che Ariel ha visitato il mondo in superficie, Tritone è furioso e distrugge tutti i tesori umani nella grotta di Ariel. Ariel è sconfortata e più determinata che mai, e il suo desiderio di scoprire di più sul mondo degli umani non fa altro che intensificarsi. Ariel vuole disperatamente soddisfare i suoi desideri: per questo, decide di fare un patto con la sorella di Tritone, la malvagia strega del mare Ursula (Melissa McCarthy), temuta da tutto il popolo del mare. Ariel sceglie di rinunciare a tutti i suoi doni da sirena, tra cui il suo canto della sirena, in cambio delle gambe e dell’occasione di esplorare il mondo degli umani. Tuttavia, se non riceverà il bacio del vero amore entro la fine del terzo giorno, apparterrà a Ursula per l’eternità. Una volta giunta sulla terra, Ariel si ritrova nel castello sull’Isola della Regina, dove incontra ufficialmente il Principe Eric. Ma inizialmente Eric la ignora, essendo concentrato a trovare la giovane donna con la bellissima voce che l’ha salvato, non sapendo che in realtà si trattava proprio di Ariel.

Col tempo, Eric inizia a innamorarsi di Ariel e i due si rendono conto di essere spiriti affini. Quando Ariel scopre di essere stata ingannata da Ursula, i suoi amici – Sebastian, Flounder e l’uccello marino Scuttle – uniscono le forze per tentare di spezzare il maleficio di Ursula. Questo darà vita a un fatidico scontro finale tra Re Tritone e Ursula, che determinerà una volta per tutte chi governerà i mari. A questo punto, spetta ad Ariel ed Eric tentare di gettare un ponte tra i loro due mondi divisi.

La Sirenetta di Rob Marshall con la sceneggiatura di David Magee riporta esattamente quello che abbiamo visto nel grande Classico Disney ma lo fa partendo sì da quello che è il materiale scritto da Andersen ma rivalutando tutti i tratti moderni di una fiaba che è sicuramente senza tempo. Sì, perché La Sirenetta non può che essere considerata una fiaba moderna, incentrata su di una ragazza che si sente ”fuori posto” e che vede la sua vita diversamente da tutte le persone che la circonda. È una ragazza (sirena) che sa il fatto suo, sa che vuole raggiungere un traguardo che non è quello che vive al momento e si imbarca in un viaggio alla scoperta non solo di se stessa ma anche imparando a non avere paura di cambiare, in questo caso fisicamente e mentalmente divenendo un’umana.

È forse una storia alla Giulietta e Romeo dove i due giovani, Ariel e il Principe Eric, vivono in mondi completamente diversi anzi piuttosto contrastanti. Eppure, nella romanticheria di Andersen, trovano un punto che li coniuga, pur dovendo modificare la loro natura: l’amore. Ed è ancora oggi La Sirenetta una vera storia di insegnamento che sottolinea come non ci debbano essere pregiudizi o preconcetti nei confronti di nessuno, di altri popoli o di altre culture. Andersen affronta tutto questo in modo epico perché lo fa, come detto, con l’amore, la comprensione e anche l’unione tra le diverse culture.

La Sirenetta: tra realismo e lightning design

La difficoltà di riprodurre La Sirenetta come un vero e proprio live action è chiaramente la difficoltà che Disney ha sempre trovato nei suoi ultimi live action ossia il realismo. Qui, il compito di Rob Marshall, è ancora più difficile perché ci si è trovati a realizzare un ambiente subacqueo capace di risultare il più possibile credibile. E sappiate che non è una cosa semplice: oltre alla fisica dei movimenti (soprattutto quelli dei capelli) bisogna prestare particolare attenzione ad una corretta gestione della luce, della sua diffusione e del modo in cui essa si riflette sulle superfici che incontra.

Ariel è un abitante del popolo del mare e questo dunque ha creato la necessità di ambientare una buona parte del film proprio in quel fondale marino che Ariel chiama casa. In questo caso Disney ha voluto riprodurre questo ambiente in modo un po’ ”fantasy” e dunque capace di poterlo facilmente contrapporre a quello reale che invece avviene sulla terra. Due mondi diversi, da una parte quello sottomarino buio, cupo e anche a volte difficile da osservare nella sua interezza proprio come avviene in profondità. Ha però un qualcosa di magico, ci vivono le sirene, i granchi cantano e gli uccelli marini parlano. La terra è invece ben diversa perché popolata da umani che vivono vendendo i loro prodotti, pensano a pescare, si divertono e c’è il sole, un’aria asciutta e fresca e c’è sempre luce.

Insomma il mondo sottomarino è unico nel suo genere e ammettiamo di aver particolarmente apprezzato questa forte contrapposizione che fa da vero portante della storia tra Ariel e il Principe Eric. Una delle caratteristiche che rese La Sirenetta del 1989 così immersivo e accattivante fu l’utilizzo dei colori e della luce, un perfetto equilibrio tra tonalità brillanti nei momenti gioiosi e colori tenui nei momenti più intimi ed emozionanti. E Rob Marshall è riuscito a riprodurre tutto questo e sappiate che il mondo sottomarino è stato completamente realizzato in maniera digitale a differenza della parte in superficie che ha visto costruzioni e ambientazione reali (molte scene girate in Sardegna).

Pur essendo una storia di fantasia con personaggi fiabeschi, Disney ha scelto una rappresentazione quanto più realistica possibile per i suoi film in live action e anche per questo. È evidente dalla ricostruzione del mondo sottomarino e da quello in superficie, nonché dagli animali di cui il granchio Sebastian si fa principale esponente attirando su di sé sicuramente molti commenti. Vedere animali veri muoversi e parlare come nel film d’animazione forse non garantisce il massimo del realismo ma Rob Marshall riesce a fare del suo meglio e garantisce in questo caso un film che regala emozioni e anche battute divertenti anche dagli animali che parlano e ridono o cantano. Chiaramente sul realismo sott’acqua non possiamo fare il confronto con James Cameron e il suo Avatar – La Via dell’Acqua perché in quel caso il regista ha alzato non di poco l’asticella delle aspettative del pubblico sulla rappresentazione di un ambiente subacqueo. E anche se è passato poco tempo perché il pubblico se ne sia dimenticato è, a mio parere, lecito non effettuare il confronto perché La Sirenetta ne uscirebbe ingiustamente sconfitta.

Tecnicamente sappiate che le scene sottomarine sono state girate sott’acqua ma con una tecnica cinematografica chiamata dry-for-wet in un ambiente dotato di blue screen, con gli attori che utilizzavano una serie di attrezzature allo stato dell’arte che comprendevano cavi, altalene e tuning fork. Grazie alle imbracature dotate di un contrappeso sulla parte posteriore gli attori riuscivano a simulare in modo realistico i movimenti sott’acqua. E anche qui non possiamo che accontentarci di movimenti effettivamente fluidi e sinuosi proprio come se gli attori fossero realmente in acqua.

Sulla scenografia quello che abbiamo potuto vedere sul grande schermo sono scenari studiati e realizzati per permettere agli spettatori di trovare i giusti dettagli che riportino alla mente il grande Classico del 1989. La grotta in cui Ariel fugge dalla vita a palazzo e dove nasconde con parsimonia tutti i preziosi tesori del mondo degli umani che colleziona. Stessa cosa per il covo di Ursula che diventa cupo come gli abissi, dalle colorazioni viola scuro caratterizzanti il personaggio e con quell’inquietudine che rappresenta il mondo dove la maligna osserva Ariel e dove crea poi la pozione magica per trasformare la Sirenetta in umana. C’è poi il regno di Tritone che possiede tonalità forti con pietre preziose ispirate ai coralli e agli anemoni e che permettono di dare maestosità all’intero ambiente. Insomma l’idea era quella di creare un mondo magico e non un regno futuristico e devo ammettere che il risultato è stato sicuramente azzeccato.

La Sardegna era perfetta poi per riprodurre la spiaggia isolata in cui Ariel salva Eric. La Sardegna possiede acque azzurre e cristalline, un litorale spettacolare, scogliere scoscese, fortezze, vaste spiagge e strade di campagna, insomma tutto quello che serviva agli sceneggiatori per riprodurre il mercato del villaggio e il variopinto bazar che Ariel scopre dopo aver preso in mano le redini del cavallo e della carrozza di Eric. E non solo ritroveremo questo meraviglioso scenario anche durante la scena finale che ha visto coinvolte più di 100 comparse con i membri delle famiglie del popolo del mare variegate per età, etnia, genere e anche corporatura. Una scena toccante che rende ancora di più grazie alla scelta della location.

Il film invece si apre con Eric e il suo equipaggio di più di 30 marinai a bordo di una maestosa nave. Eric naviga da un porto all’altro alla ricerca di opportunità commerciali per il suo regno insulare e di tesori di paesi stranieri per la sua collezione. La nave è stata costruita come un set cinematografico con una vasca di 69 metri per 64 metri con una profondità di un metro e venti. E l’idea di realizzarla veramente, secondo il regista, avrebbe dato maggiore realismo alla vista degli spettatori. Da qui l’idea di realizzarla lunga 50 metri, in legno, con le vele e uno scafo. Pesava la bellezza di 60 tonnellate ed era circondata da un blue screen alto come un palazzo di 6 piani. Un lavoro straordinario per un lungometraggio che però ha pagato perché le scene in mare risultano molto realistiche e permettono allo spettatore di ”immergersi” nella storia.

Proprio sul realismo e sul fatto di non sbagliare si dice che Rob Marshall abbia praticamente realizzato tre film: uno con le prove degli attori, uno sul set e uno in post-produzione. Sì, perché a differenza di altri film, qui il regista, ha voluto dare maggiore importanza alle prove. Ogni battuta musicale corrisponde ad un pezzo estremamente preciso del’azione e non era possibile avere deviazioni di interpretazione da parte degli attori.

La Sirenetta: i testi originali ”salvati”

E proprio sulla parte musicale dobbiamo fare un plauso a Disney . Sì, perché la musica è una parte fondamentale del grande Classico del 1989 come lo è anche in questa trasposizione odierna.

Le amate canzoni del film d’animazione originale La Sirenetta, tra cui “La Sirenetta”, “In Fondo al Mar”, “La Canzone di Ursula” e “Baciala”, sono presenti anche in questa versione in live action e cattureranno i cuori di una nuova generazione di fan. Curiosa la collaborazione tra il veterano Alan Menken (compositore del film originale insieme all’indimenticato Howard Ashman) e Lin-Manuel Miranda, già autore di Oceania (2016) ed Encanto (2021) che porta però ad una narrazione musicale da premio. Oltretutto il film è stato arricchito con quattro titoli originali il cui stile ha catturato la nostra attenzione con melodie ritmate, creando la giusta atmosfera. Peccato, e qui non possiamo esimerci di sottolinearlo, la mancanza di una sincronizzazione tra i testi in italiano e il labiale a causa della volontà di non voler riadattare i testi. Si poteva davvero fare di meglio in questo caso.

”In fondo al mar” è senza dubbio il numero musicale più ambizioso e complesso che si possa realizzare in un live action. Il problema? Una protagonista, Ariel, in carne ed ossa e tutto intorno solo grafica digitale. Come risolvere la questione per riuscire a rendere il numero musicale esplosivo proprio come avviene nel grande Classico del 1989? Utilizzare dei ballerini per creare una complessa coreografia tale da rendere il più possibile reale il numero musicale caratterizzato poi da meravigliose creature che vivono in fondo la mare. È un momento fondamentale del film perché è, come detto, passato alla storia dei grandi Classici Disney e tutti praticamente hanno visto almeno una volta il balletto di Ariel, Sebastian e il resto del mondo marino. Viene riproposto e viene fatto bene anche se forse la riproposizione delle stesse scenografie del Classico del 1989 stonano e portano a renderlo meno esplosivo di quanto si poteva effettivamente fare.

La Sirenetta: il cast giusto al momento giusto

Sul cast, come detto in apertura, si sono sovrapposte molte polemiche. In primis la scelta di Halle Bailey come protagonista. Un’afroamericana di colore che interpreta la bianca Ariel. Cosa potrebbe mai essere meno giusto? Eppure Halle Bailey è, a nostro giudizio, la migliore Ariel del momento. Una vera e propria forza della natura capace di trasportare gli spettatori nella perfetta atmosfera magica, romantica e anche un po’ fantasiosa de La Sirenetta. La Ariel di Halle Bailey è una Ariel incredibilmente entusiasta, brillante, vulnerabile, perspicace, e con moltissima grinta e gioia. Si trova tanta innocenza nel personaggio, un’innocenza che si tramuta allo stesso tempo anche in fascino, grande forza interiore e ancora grande intelligenza. E poi la voce. In Italia la sua voce è stata addirittura interpretata da due doppiatrici: Yana_C per il canto e Sara Labidi per la recitazione. Una scelta particolare che però non delude le aspettative e che ve lo spoileriamo vi farà venire i brividi.

Melissa McCarthy invece interpreta Ursula, un personaggio fondamentale quasi quanto la protagonista. Crudele e vendicativa strega del mare, mezza donna e mezza piovra, bandita da Re Tritone, suo fratello, per i suoi misfatti. Pianifica la sua vendetta e sogna di governare i mari al posto del fratellone. È un personaggio tosto, una figura follemente iconica che Melissa interpreta magistralmente perché crea quell’idea di antagonista classica del canone Disney e lo fa con fermezza, cupidigia e anche con una recitazione di alto livello regalando profondità, vulnerabilità e anche la giusta dose di ferocia e umorismo che le si addicono. Musicalmente in Italia ci pensa Simona Patitucci che interpreta il ruolo alla perfezione con una voce che detta legge nel doppiaggio musicale.

Il Principe Eric, interpretato da Jonah Hauer-King è gentile, compassionevole, avventuroso ed energico e anche un po’ smarrito. Non credo che sappia davvero chi è e in lui c’è uno spirito turbolento e irrequieto. È per questo che è così attratto dal mare: è attratto dall’ignoto e da ciò che si trova là fuori, non soltanto da quello che si trova di fronte a lui. Jonah riesce a garantire quel giusto pizzico di passione e sentimento ma anche di spirito avventuroso e forza interiore capaci di raggiungere i desideri di Ariel.

Il resto è ciò che ci saremmo aspettati come il granchio Sebastien, consigliere di Re Tritone, che viene sorprendemente interpretato in Italia da Mahmood il quale riesce a dare quel tono di umorismo e di serietà ad un personaggio sempre alle spalle di Ariel.

La Sirenetta: un live action riuscito ma la strada è lunga

La Sirenetta è da diversi punti di vista una storia d’amore. Parla di trovare un’anima gemella, di trovare un qualcuno che permetta di creare un legame indissolubile. Quello che trovano Ariel ed Eric nel lieto finale di questa storia dopo aver abbattuto muri e barriere tra due mondi differenti e dopo aver lottato per eliminare pregiudizi infondati che sono però sempre esistiti.

Liberamente ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen, il film d’animazione del 1989 racconta la storia di Ariel, una sirenetta che vuole esplorare il mondo in superficie ma che, spinta dalla sua curiosità, arriva a prendere decisioni drastiche e spesso sbagliate. Il film di Rob Marshall va nella stessa direzione. Rende il film molto fedele all’originale e contemporaneamente realizza un buon prodotto a sé stante, senza dare l’impressione di dipendere solo dalla nostalgia del grande Classico per avere successo. Probabilmente dopo tanti tentativi, alcuni sbagliati e altri più giusti, Disney sembra aver trovato la quadra, imparando ad adattare al meglio i suoi film animati. I personaggi non vengono snaturati o sminuiti, forse si poteva fare qualcosa di più sulle origini di Ursula ma anche con gli animali marini. Il cast scelto però rende bene soprattutto con Halle Bailey che trasmette stupore e determinazione tali da rendere reale quello che il personaggio di Ariel.

E se la leggenda vuole che ogni qualvolta calino le tenebre nel mondo Disney, sorga poi una principessa in grado di imprimere una svolta. Ariel, ai suoi tempi, lo fece e chissà dunque che non possa farlo anche oggi dando vita da una nuova era dei live action Disney dalla qualità dei film d’animazione originali. La Sirenetta, per noi, ci è riuscita ma la strada per la perfezione è ancora lunga e chiaramente non tutti amano rivedere in live action i grandi Classici.