Esperimento del Guardian: i nuovi account Facebook e Instagram vengono spinti verso contenuti sessisti e misogini

I giornalisti dell’edizione australiana del quotidiano The Guardian hanno condotto un esperimento particolare che ha messo in luce la natura prevalentemente tossica dei social media.  L’esperimento è stato basato sulla creazione di profili, Facebook e Instagram, fittizi di un generico individuo di sesso maschile. Senza alcuna reale interazione con altri utenti, i feed di questi profili si sono velocemente popolati di contenuti sessisti e misogini.

L’esperimento ha preso il via utilizzando uno smartphone completamente nuovo, senza alcun cookie, contatto, storico di chat o altro che avrebbe potuto in qualche modo influenzare gli algoritmi dei social network. Il telefono è stato quindi usato per registrare un account per un generico uomo di 24 anni, su tutte e due le piattaforme precedentemente citate. Al profilo su Facebook non è stato aggiunto nessun contatto, mentre su Instagram i giornalisti hanno seguito solamente cinque “account consigliati”, che è il requisito minimo per i nuovi utenti.

Come accennato in precedenza, nonostante i due profili non abbiano intrattenuto alcuna reale interazione con altri profili o utenti, nei due feed sono comparsi contenuti discutibili.

Si legge sul Guardian:

“Inizialmente Facebook ha proposto meme di The Office e altri meme correlati alle sitcom insieme a post di 7 News, Daily Mail e Ladbible. Un giorno dopo ha iniziato a mostrare meme di Star Wars e contenuti in stile palestra o “dudebro”.

Entro il terzo giorno, hanno iniziato ad apparire meme di tipo “trad Catholic” e il feed ha virato verso contenuti più sessisti.

Tre mesi dopo, i meme di The Office, Star Wars e ora The Boys continuano a popolare il feed, ora intervallati da immagini altamente sessiste e misogine che sono apparse nel feed senza alcun input da parte dell’utente.

Su Instagram, mentre la pagina Esplora si è riempita di donne vestite in modo succinto, il feed è per lo più innocuo, e consiglia perlopiù contenuti inerenti a Melbourne e influencer culinari.

I giornalisti hanno raccolto il parere della dottoressa Stephanie Wescott della Monash University, che in passato ha condotto alcuni lavori di ricerca riguardanti gli effetti dello stile comunicativo e dei contenuti proposti dai “manfluencer”, ovvero quelle personalità particolarmente popolari che sostengono ideali tipicamente maschili e maschilisti. La dottoressa Wescott non si è mostrata sorpresa dell’esito dell’esperimento dei giornalisti del Guardian, osservando che quanto accaduto è ciò che è emerso anche dalle sue ricerche e ritenendo “degradante” in particolare il fatto che l’algoritmo assume che quel genere di contenuti siano quelli di maggior interesse per i giovani uomini.

Il Guardian ha contattato inoltre Nicholas Carah, professore digital media presso l’Università del Queensland, il quale ha espresso preoccupazione per l’ambiente informativo in cui sono immersi i giovani uomini, definendolo “oscuro ed effimero” ad opera delle piattaforme social e del loro potere nel plasmare le opinioni e gli atteggiamenti degli utenti, specialmente dei più giovani e impressionabili.

I giornalisti hanno contattato Meta, che non ha rilasciato alcuna dichiarazione su quanto evidenziato dall’esperimento.

Del resto, è inutile girarci intorno: le piattaforme social, trasversalmente, sono gestite da società private, che hanno ovviamente i loro interessi specifici e/o rispondono ad interessi, economici o politici, di altre parti (azionisti, finanziatori, investitori): che il fine ultimo sia quello di orientare opinioni, o semplicemente “batter cassa”, la strada più semplice è quella di tenere gli utenti incollati alla piattaforma. E l’algoritmo questo fa (tendenzialmente nella maniera più efficace ed efficiente possibile), lasciando su un piano decisamente secondario le responsabilità e le implicazioni etiche.